Risalgono al Neolitico le prime testimonianze di frequentazione umana nel territorio di Villamassargia, comune situato nel Sulcis-Iglesiente, nella provincia del Sud Sardegna. Diverse grotte infatti, tra cui quella di Corongiu Acca, hanno restituito materiali riferibili al Neolitico medio e alle fasi successive. Le grotte della zona, infatti, conobbero una continuità di frequentazione anche nel corso del Neolitico recente, finale e dell’Età del Rame, come ben dimostra un vaso a botticella decorato a incisione, datato all’Eneolitico e conservato oggi ai Musei Nazionali di Cagliari, venuto alla luce nella sopra citata grotta di Su Concali di Corongiu Acca. Al Neolitico recente e all’età del Rame sono riferibili anche le numerose domus de janas disseminate nel territorio.
Svariati sono anche i siti archeologici databili all’età nuragica: assai numerosi sono i nuraghi sparsi nel territorio, tra questi si ricordano i nuraghi Santu Pauli e Monte Exi. Diffuse sono anche le tombe dei giganti, visibili ad esempio in località Monte Ollastu e Astia dove è attestato anche un pozzo sacro, che testimonia la diffusione del culto dell’acqua tra le popolazioni nuragiche dei primi secoli dell’età del Ferro.
Il popolamento del territorio di Villamassargia è documentato anche in età romana. I Romani realizzarono infatti, verosimilmente nella prima metà del 2° secolo d.C., un acquedotto che dalle sorgenti di Villamassargia convogliava le acque fino a Carales, al fine di garantire alla città un adeguato approvvigionamento idrico.
Infine, sempre riferibili all’età romana sono alcune fonderie, che testimoniano l’attività artigianale, e nello specifico metallurgica, che da sempre caratterizza questa zona dell’isola.
In epoca medievale è importante citare la presenza del castello di Gioisa Guardia, edificato nel 13° secolo, sotto il regno di Gugliemo I. Questo sorge in cima al rilievo conico di Monte-Exi, a circa 418 m di altitudine. Gli ambienti più esterni costituiscono il corpo di guardia. Procedendo verso l’interno, ben riconoscibili rimangono la torre a due piani, utilizzata probabilmente come ripostiglio, e la cisterna di raccolta dell’acqua piovana. La distruzione di parte della fortificazione rende di difficile lettura la ricostruzione degli ambienti al pian terreno.
Immagine in evidenza: Nostra Signora del Pilar – ph. credits – Giuseppe Oppo via Wikimedia Commons