Nella tappa odierna del nostro tour virtuale vi parliamo della maschera punica ghignante di San Sperate.
È indubbiamente uno dei reperti più noti del Museo Archeologico di Cagliari, oltre che tra quelli acquisiti più anticamente, essendo giunta nelle collezioni museali nel 1883.
Il suo rinvenimento risale al 1879, quando un contadino la recuperò all’interno di una sepoltura in località Bia de Deximu Beccia. Il Direttore generale dei Musei e degli Scavi Filippo Vivanet si interessò al reperto e, grazie alla generosità del commendator Enrico Marongiu, la maschera fu acquisita dal Museo Archeologico.
L’illustre archeologo Antonio Taramelli ci dà queste poche informazioni circa l’arrivo della maschera a Cagliari e ne scrive una dettagliata descrizione assieme ad alcune altre provenienti dalle necropoli di Tharros.
È infatti da Tharros che proviene la maggior parte delle maschere puniche grottesche, del tipo ghignante o del tipo silenico, di cui si ha notizia in Sardegna.
Nonostante la carenza di informazioni sui contesti di rinvenimento dovuta alle spoliazioni ottocentesche, sappiamo che le maschere ghignanti provengono generalmente dalle sepolture, anche se si ha notizia di rinvenimenti recenti in contesti abitativi.
Le maschere ghignanti avevano una valenza apotropaica, ossia dovevano svolgere una funzione protettiva nei confronti del defunto. I tratti del volto deformati, accentuati e grotteschi della maschera di San Sperate sono sottolineati dalle decorazioni in rilievo e dalle profonde linee incise. Un anello in argento pende dal naso e i lobi forati fanno pensare che potessero essere impreziositi da orecchini.
Sappiamo da Taramelli che alcuni gioielli in oro, forse parte del corredo funerario, furono fusi al momento del ritrovamento.
La datazione della maschera risulta difficile in assenza di dati sul contesto. Possiamo comunque collocarla nella piena età punica, considerando anche che il suo ritrovamento ci parla del fiorente centro insediativo dell’entroterra cagliaritano. Dell’insediamento in realtà conosciamo ben poco, ma la sua fondazione è coerente con la politica cartaginese di espansione e controllo territoriale dell’entroterra finalizzata allo sfruttamento agricolo delle fertili pianure sarde.