Bentornati per una nuova puntata del nostro viaggio tra i reperti del Museo Archeologico di Cagliari.
Nello spazio di approfondimento odierno vi parliamo di alcuni vasi che componevano il ricco corredo funerario di una defunta norense.
La città di Nora assunse una fisionomia pienamente urbana solo con l’avvento di Cartagine, in una fase che si protrasse dal 510 al 480 a.C. circa, con la realizzazione di quartieri regolari, strade larghe, edifici stabili in pietra.
A questo grande cambiamento urbanistico corrispose un cambiamento nei costumi funerari, che introdusse a Nora e in tutta la Sardegna punicizzata l’uso prevalente delle inumazioni in camere ipogeiche, che sostituirono le sepolture ad incinerazione.
Il corredo della tomba 31 è unico nel panorama dei rinvenimenti ceramici in Sardegna, eccezionale non solo per il numero degli elementi che lo compongono, ma anche per la loro fattura.
Il rinvenimento risale all’ultimo decennio del 1800, quando gli scavi condotti da Filippo Nissardi interessarono più di 50 camere ipogeiche della necropoli punica di Nora, situata sull’istmo che collega la città alla terraferma. Tutte le sepolture hanno restituito corredi di pregio, che annoverano materiali punici e oggetti importati dalla Grecia.
In particolare, la tomba 31 ha restituito un corredo interamente composto da ceramica attica, nello specifico 21 vasi, alcuni dei quali decorati con la tecnica delle figure rosse, datati al 5° secolo a.C.
Tra gli elementi che compongono il corredo spiccano innanzitutto due lekythoi ariballiche, vasi dal corpo tondeggiante, di grandi dimensioni, a figure rosse, con immagini di vita quotidiana femminile. Nella prima è possibile osservare una figura muliebre abbigliata con un chitone, incedente a braccia tese verso un canestro (kalathos) di vimini o di canne, stretto alla base, che si allarga progressivamente.
Il secondo vaso ci mostra una scena di gineceo più articolata: nella porzione sinistra è possibile osservare una donna riccamente abbigliata assisa su uno sgabello; i capelli sono raccolti in una cuffia, chiamata sakkos, la veste (chitone) e il mantello (himation) avvolgono in maniera elegante il suo corpo; la donna tende le mani per accogliere un oggetto che è in procinto di porgerle una seconda figura femminile, verosimilmente la sua ancella, vestita di un semplice chitone.
Nello sfondo si scorge un secondo sgabello. La schiava reca alla sua padrona un cofanetto decorato, che possiamo solo ipotizzare contenga gioielli, oggetti da toeletta o più probabilmente – data la tipologia del contenitore – stoffe e tessuti.