Nei documenti dell’Archivio di Stato di Cagliari la festa di Sant’Efisio rivela realtà conosciute, come la venerazione al Santo assicurata dall’Arciconfraternita di Sant’Efisio, e altre meno note, come le statue che lo raffiguravano fatte scolpire da privati per riconoscenza.
Poiché Sant’Efisio era ritenuto potente nell’intercessione, il protrarsi della terribile peste del 1652-1656 convinse la Municipalità cagliaritana a fare il voto di portare il simulacro del Santo da Cagliari a Nora. Da quel momento processioni e preghiere si sono snodate in un lungo errare e, nei tempi andati, si mischiavano atti di fede e disordini da controllare con attenzione per evitare che si propagassero.
Il pellegrinaggio obbligava inoltre a dare vitto e alloggio alle autorità che, come l’Alternos, seguivano il simulacro. Così all’aspetto religioso si univano ambizioni di ben altra natura.
Cessata la cantilena dolce e continua della preghiera, ai pellegrini poveri si accordava un pasto frugale, mentre alle autorità venivano riservati lauti banchetti in tavole dove figuravano argenti, cristalli e pietanze dalle ricette complesse, primi, secondi di carne, selvaggina e pesce, contorni vari, frutta e dolci, liquori e la carapigna.
I documenti, che impietosi non mantengono segreti, hanno rivelato sia il sacro che il profano.
Documento n. 1
3 maggio 1672, Pula
Vari inconvenienti capitavano durante i riti in onore del Santo. Antioco del Vechio, consigliere quinto della città di Cagliari e Alternos nel 1672, per la festa di Sant’Efisio da celebrarsi nel luogo di Pula ordinò di suonare la tromba per chiamare la cavalleria locale onde fare la processione seguendo il consueto rituale. Adunatasi la cavalleria, si presentarono davanti all’Alternos il reverendo Antonio Pinna e Angelo Murroni, confratelli dell’Arciconfraternita di Sant’Efisio, che lo avvertirono del fatto che Antioco Rachis, canonico della cattedrale cagliaritana e rettore di Pula e della chiesa di Sant’Efisio, sosteneva che la processione e i vespri non potessero procedere al solito modo finché non si fossero tolte le guardie poste dall’Alternos a custodia di Antonieddu Marchi, pastore di Stampace, reo della ribellione che dentro la stessa chiesa aveva indirizzato contro l’Alternos.
ASC, Notai di Cagliari
Documento n. 2
27 febbraio 1699, Cagliari
I problemi dell’Arciconfraternita di Sant’Efisio di Cagliari non si fermavano ai festeggiamenti in onore del Santo, ma si estendevano a beni posseduti ma contesi. In uno di questi casi arrivò benefica la rinuncia della vedova di Antonio Vacca, Maria Vacca Sanna di Cagliari, alla causa giudiziaria, vertita davanti al dottore in diritto canonico e civile Francesco Ruxottu, contro l’Arciconfraternita del glorioso martire Sant’Efisio, che aveva sede nell’appendice di Stampace. Il contendere riguardava i cortili che la città di Cagliari aveva concesso ad Antonio Vacca nella via Santa Restituta a Stampace, di cui tre erano dell’Arciconfraternita, che – avendone necessità per la fabbrica della chiesa di Sant’Efisio – ne chiedeva la restituzione. Per l’accordo raggiunto, il sacerdote Pietro Serra, guardiano in capo dell’Arciconfraternita, e i guardiani secondo e terzo, Efisio Carboni e Giuseppe Pinna, ricevono dalla Vacca la somma di 42 lire e 10 soldi per i tre cortili.
ASC, Notai di Cagliari
Testo di Adriana Gallistru