Giovedì 1 dicembre alle ore 17:00 presso la Basilica di San Saturnino si terrà l’ottavo appuntamento dei “Dialoghi di archeologia, architettura, arte e paesaggio” organizzati dal Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Questa settimana Lucia Siddi, storica dell’arte, già funzionaria del Ministero della Cultura, terrà un incontro dal titolo “La lunga e speciale storia dei Retabli di Sardegna dal XV al XVII secolo”.
E in origine fu chiamato re(tro)tabulum, tavola dorsale. Darà vita alla parola spagnola retablo a denominare un oggetto formato da una pala d’altare a riquadri. In Sardegna, custode di una considerevole quantità di tali arredi liturgici, il retablo è frequente nella versione di polittico, dipinto a molti scomparti. In Spagna è presen-te, diffusamente, la versione a scomparti dipinti alternati a quelli in rilievo. I più antichi sono su tavola ed hanno la funzione di sportelli; il riquadro centrale, generalmente, chiudeva una cassa che conservava l’immagine della Vergine o un tabernacolo. Successivamente, viene a diminuire la funzionalità in favore della decorazione scenografica che includeva anche iconografie di santi. Ne raccontava la storia, spesso dalla na-scita alla morte, dies natalis per un cristiano, o un particolare evento di cui si narra la geografia della progres-sione. Una sorta di storytelling per tabulas. Ma il retablo, nella sua storia secolare, a datare dalla cultura goti-ca, troverà esiti complessi nella resa materica come nei simbolismi, risentendo dei territori in cui il manufatto viene elaborato. È, infatti, una forma d’arte che si espande nell’ Europa del nord, specie in Fiandra, e nei ter-ritori ispano-americani dove ebbe esiti assai peculiari, soprattutto, durante il Barocco. La dimensione dei re-tabli sembra, talvolta, fuori scala, ove si pensi alle chiese in cui sono inseriti. Diffusosi in Sardegna dal perio-do aragonese, se ne conservano di notevoli da Tuili ad Ozieri, da Ardara, nella chiesa palaziale del Giudicato di Torres, a San Francesco di Iglesias, da Perfugas a Castelsardo, a Lunamatrona. Ma un ampio campionario si conserva nella Pinacoteca nazionale del Museo archeologico nazionale di Cagliari, nella Cittadella dei Mu-sei, proveniente dalla Chiesa di San Francesco di Stampace, situata tra l’attuale Corso Vittorio Emanuele e la Via Mameli di Cagliari. Sopravvive il chiostro, mentre la chiesa gotica è inglobata, dal secondo Ottocento, nei magazzeni diventati, nel tempo, locali pubblici. I retabli della Sardegna, in particolare quelli cagliaritani, rivisitati nella dimensione stilistico formale e dal punto di vista tecnico, hanno restituito, rispetto alle passate letture e interpretazioni, un ambiente e una società più complessi. Un mood internazionale piuttosto che resi-duale. Quadro confermato dalle diagnostiche a cui alcuni sono stati sottoposti e che mostrano aspetti, fin qui, meno conosciuti ma di assoluto e motivato interesse.